Cos'è la mediazione civile e commerciale e come funziona

20/01/2020

La mediazione civile e commerciale - come la negoziazione assistita - ha come obiettivo la risoluzione bonaria delle controversie. La principale differenza tra i due istituti è che la mediazione, oltre alle parti e ai rispettivi avvocati, vede la partecipazione di un soggetto terzo, il mediatore. Il compito del mediatore non è quello di tutelare gli interessi dell’una o dell’altra parte, ma di supportare entrambe le parti nella trattativa, con l’obiettivo di raggiungere un accordo di reciproca soddisfazione. 

Nella mediazione i contendenti, oltre ai propri legali, possono contare anche sull’apporto di un professionista indipendente e imparziale, con una specifica formazione ed esperienza in materia di negoziazione, così come previsto dalla legge. Lo scopo del mediatore è portarli a risolvere il conflitto che le vede contrapposte, a prescindere da chi ha torto o ragione. 

A differenza del processo civile, in cui le modalità di svolgimento sono regolate nel dettaglio dalla legge, la mediazione civile e commerciale è un procedimento informale. La legge stabilisce i requisiti fondamentali, oltre alla valenza esecutiva dell’accordo raggiunto in mediazione, che di fatto è equiparata a quella di una sentenza.

Quando la mediazione è obbligatoria


Prima di intraprendere una causa, il ricorso alla mediazione è obbligatorio nelle dispute riguardanti

- Locazioni

- Successioni

- Condominio

- Risarcimento danni per responsabilità medica e sanitaria

- Contratti assicurativi, bancari e finanziari

- Divisione

- Diritti reali

- Comodato

- Patti di famiglia

- Affitto di azienda

- Risarcimento del danno da diffamazione con mezzo stampa


Quando la mediazione è consigliata?

Per tutte le tipologie di controversie di diritto civile per le quali non è prevista l’obbligatorietà, ad esclusione di quelle che vertano su diritti per legge “indisponibili” (ad esempio quelli concernenti un rapporto di lavoro) la mediazione è fruibile su base volontaria, chiarisce l’avvocato.

Nella mediazione è il mediatore che, in base alle caratteristiche della disputa e delle parti, decide con quali modalità approcciare la controversia e tenere gli incontri. Il solo punto fermo previsto dall’Ordinamento è che il primo incontro verta sull’illustrazione, da parte del mediatore, delle caratteristiche e  opportunità offerte alle parti in conflitto dalla mediazione. Le parti potranno poi decidere se utilizzare la mediazione e quindi proseguire il procedimento, oppure il ricorso diretto all’autorità giudiziaria.

Gli appuntamenti alla presenza del mediatore si svolgono in sessioni congiunte, a cui partecipano le parti e i rispettivi  avvocati, o in sessioni separate in cui il mediatore incontra prima una parte e poi l’altra. 

Le sessioni separate sono utili per trattare aspetti che, per motivi di riservatezza o strategici non si vogliono condividere con la controparte. Nella mediazione la riservatezza è infatti considerata il bene più prezioso, perché permette alle due parti di parlare in tutta libertà. Per questo la legge prevede che quanto è discusso nella mediazione  non possa essere utilizzato in un eventuale successivo giudizio.

Le parti in genere sentono il bisogno di esternare la propria versione dei fatti e raccontare i torti che ritengono di aver subito. Esigenza che altrimenti non ha modo di essere soddisfatta nella rituale trattativa tra legali, e ancora meno in causa avanti il magistrato, ma che però ricopre un ruolo importante,  poiché di regola le parti, superata la fase di sfogo, generalmente sono portate a ragionare più serenamente. 

Può succedere che nel corso del procedimento le posizioni si diversifichino. Una volta instaurato il dialogo tra i litiganti, possono emergere aspetti che in precedenza non si conoscevano e che possono influenzare in termini di disponibilità e di aperture.

Il punto di forza della mediazione è infatti la possibilità di parlare direttamente all’avversario, cosa che spesso non è mai avvenuto prima e che probabilmente neppure avverrà più se si andrà in giudizio, dal momento che alle udienze generalmente partecipano solo gli avvocati. La mediazione offre una preziosa opportunità da sfruttare. 

L’ingrediente minimo perché la mediazione possa avere un esito positivo è l’essere disponibili a negoziare, anche se si pensa di avere ragione. Se invece si rimane fermi sulle proprie posizioni, la mediazione non potrà essere utile. 

Ricordiamo infatti che non esistono a priori cause sicuramente vittoriose. Sarà quindi importante soppesare non solo a che cosa si rinuncerebbe rispetto a quanto un Giudice potrebbe riconoscere in caso di esito favorevole del giudizio, bensì anche a quanto di negativo si rischia di andare incontro nel malaugurato caso di sentenza sfavorevole. 

Per questo spesso i mediatori, come il sottoscritto, simulano con ciascuna delle parti le possibili conseguenze, positive e negative, di un mancato accordo e quindi del successivo giudizio che le vedrà protagoniste. Molto spesso emerge che le parti non hanno mai preso in considerazione la possibilità di sentirsi dare torto dal Giudice e che proprio da questa mancata riflessione ha origine la loro intransigenza in sede di trattativa.

E’ fondamentale tenere ben presente sempre che, a differenza del giudizio in tribunale, lo scopo della mediazione non è decidere chi ha ragione o chi ha torto, ma di cercare di ricomporre la disputa.





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